Capitolo 7: Legami...

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trinh89
view post Posted on 16/1/2009, 13:43




Titolo: A time to… (Un tempo per…)
Autore originale: asashouryuu.
Traduttrice: -Sasha-, trinh89.
Lingua originale: inglese.
Link all'originale: http://www.fanfiction.net/s/3444322/1/A_time_to
Disclaimer: tutti i personaggi di questa fan fic non esistono. I loro diritti appartengono al sensei Masashi Kishimoto, e questa traduzione non è a scopo di lucro.
Pairing: SasuNaru; FugakuxArashi, accenni di GaaraxNaruto e NejiGaara.
Rating: AU, yaoi, OOC.

-Capitolo 7: Legami…

Lately,
I'm not quite myself.
Maybe I do need some help.
just my confusion,
trust my delusions.
Don't you regret you met me?
Go through these steps to get me,
Back to where we start,
Before I fall apart.
“Open Your Eyes” -Sum 41

Erano quasi le nove di sera quando Sasuke tornò a casa. Sarebbe potuto tornare a casa prima se non fosse stato per l’incontro del consiglio generale degli studenti. Era durato quasi tre ore con cinque pause per dare a ognuno il tempo necessario a rinfrescare i cervelli prima di riassumere i vari temi o discutere di altri argomenti. Era stato il più lungo incontro che avesse mai avuto e non aveva alcuna intenzione di ripetere l’esperienza.

Sasuke aprì la porta d’ingresso e stava per sospirare quando colse un’occhiata di suo padre che scendeva le scale seguito da sua madre. Suo padre indossava giacca e cravatta mentre sua madre vestiva un kimono. Era ovvio che stavano andando ad un altro party che sarebbe probabilmente fatto le ore piccole.

Mikoto sorrise,”Bentornato a casa, Sasuke. Hai mangiato…”

“Sei in ridardo!”abbaiò Fugaku, la sua voce fredda sferzò l’aria come una frusta.

“L’incontro del consiglio è terminato intorno alle otto e un quart-“

“O eri fuori con i tuoi amici,” affermò l’uomo. La convinzione che traspirava tale affermazioni aveva risvegliato la sopita irritazione causata dagli stupidi membri del consiglio e mischiata con il suo non così recente antagonismo verso il padre.

“Fugaku,” lo supplicò Mikoto. Era già stanca di sentire i due discutere e non poter fare nulla a proposito. Si sentiva patetica e inutile.

“Ai miei tempi, gli incontri del consiglio non duravano mai così a lungo.” Si accigliò quanto il figlio si mosse verso la loro direzione. “Sasuke!” abbaiò quanto il ragazzo li oltrepassò.

“Questa è la mia generazione non la tua.” Chiarì Sasuke con un tono freddo mentre tornava a rivolgersi verso il padre.

“Sasuke!” Mikoto trattenne il respiro alla mancanza di rispetto del figlio. Fugaku, dall’altro lato, stava per esplodere. “Perché tu-?”

“Fugaku, faremo ritardo per l’evento,” avvertì la signora della casa nel momento in cui notò il marito irrigidirsi. Tentava disperatamente di evitare che Fugaku infierisse fisicamente sul figlio minore. Inoltre, un uomo conosciuto per il suo grande orgoglio e autorità non dovrebbe mai abbassarsi ad alzare le mani contro uno dei suoi figli. Sospirò di sollievo quando l’uomo si rilassò e senza altre parole si incamminò verso la porta principale. Lei rivolse uno sguardo contrariato all’irritato ragazzo prima di seguire il marito.

Sasuke abbassò lo sguardo sotto quello della madre e si preparò alla lunga chiacchierata che avrebbero diviso il giorno seguente sospirando, riprese a salire le scale. Mancò quasi uno scalino quando colse il commento di suo padre prima che la porta d’entrata fosse chiusa.

“E’ una delusione.”

Sasuke strinse i suoi pugno incurante del dolore. Trattenne le lacrime. Non voleva piangere. Assolutamente. Si aggrappò disperatamente al suo proposito cha andava affievolendosi. Non voleva che qualcuno venisse a sapere di come le parole del padre lo facessero sentire ogni volta debole e inetto. Gelò quando notò il Oh-così-perfetto Itachi in piedi in corridoio, nessun dubbio che avesse sentito tutto. I due si guardarono, occhi macchiati di tristezza e una feroce rabbia che nessuno dei due comprendeva pienamente. Erano così simili e al contempo differenti, vicini e così distanti. Prima che Itachi potesse parlare, Sasuke aveva sbattuto la porta della sua camera.

Sasuke si appoggiò alla porta e prese profonde boccate di aria. Ma non era abbastanza per calmarsi. Incapace di fermarsi, colpì il muro con un pugno. Il dolore che attraversò le nocche e raggiunse il braccio non era sufficiente a sovrastare ciò che stava provando. Tirò fuori il cellulare dalla tasca quando cominciò a vibrare. Guardò lo schermo.

Naruto.

Con un altro profondo sospiro, ignorò la chiamata. Era certo che avrebbe pianto nel momento in cui avesse sentito la voce dell’amico. Era una reazione automatica del suo corpo dopo aver avuto così a lungo il biondo come sua coperta e comodo cuscino quando trovava la vita ingiusta. Ma questo era dai quattro ai sei anni, ora entrambi erano cresciuti e diventati più forti. Era certo di non avere più bisogno di quel tipo di conforto, e il suo corpo avrebbe dovuto capirlo e adattarcisi. Si distese sul letto e guardò in modo assente il muro. Lentamente e in modo silenzioso, la sua bocca si mosse.

“Idiota.” Spense il suo cellulare.

Da quel momento in poi, avrebbe dovuto cominciare a camminare con le proprie gambe.

-SasuNaru is love-

“Il suo cellulare è spento,” disse Gaara. Su richiesta di Naruto, aveva chiamato l’amico quando non aveva risposta alla chiamata del biondo.

Occhi azzurri si abbassarono. “Capisco.” Naruto sollevò il controller del videogioco e schiacciò un pulsante. “Pensi ci si il padre dietro questo?”

Il rosso riprese il loro gioco, ma non prima di dire, “Uchiha non è persona da lasciare che il padre gli faccia questo.”

“Si. Posso parlare con lui domani.”

“Hn.”

-SasuNaru is love-
I cinque minuti contati che dovette trascorrere in silenzio ad aspettare gli parvero un’eternità mentre l’impazienza si agitava in lui. Voleva vedere Sasuke. Voleva discutere con Sasuke il motivo di cui non era a conoscenza. Era come se una parte di lui gli stesse dicendo che c’era qualcosa che non andava e che il suo amico stesse male e avesse bisogno di lui.

Il suo viso si illuminò quando vide il ragazzo emergere dalla stazione dei treni con altri studenti. “Sasuke,” chiamò, la sua voce alta abbastanza da essere udita sopra il chiacchiericcio e i saluti di ‘buon giorno.’ Chiamò ancora una volta ma non ottenne risposta. Con sua grande sorpresa l’amicò sorpassò il loro luogo di ritrovo. Si accigliò certo che non esistesse possibilità che Sasuke non l’avesse sentito. Confuso, corse dietro l’amico e l’affiancò camminandogli a lato. “Buon giorno,” cinguettò ma non ottennte risposta. Vide un lampo bianco dall’angolo del suo occhi e focalizzò meglio la vista. “Sasuke! Cosa è successo?” domandò vedendo la benda attorno alle nocche della mano sinistra. “Chi ti ha fatto questo?” Si mosse per afferrare la parte ferita proprio come faceva nei giorni della loro infanzia abbassandosi verso la mano.

Sasuke aveva bisogno di sentire il caldo affetto di quella mano che avrebbe agito come balsamo sulla ferita auto-infittosi ma non lo avrebbe reso un debole? E ora, lui voleva sentirsi così forte…no, lui doveva essere forte. Voleva compiacere il padre…necessitava di sentire le parole ‘Questo è mio figlio’ invece di ‘è una delusione!’. Non poteva mostrare a Naruto quando vicino fosse a sgretolarsi…non poteva perché…

Il tempo ritornò al suo scorrere normale e Sasuke, avendo deciso di non volere alcun conforto, scacciò via la mano del biondo. Guardò l’amico e sibilò, “Non ho così bisogno di te accidenti!”

Lo sguardo d’odio aveva fermato Naruto nei suoi movimenti ma ciò che lo rese veramente immobile furono quelle parole sputate con freddezza in perfetta convinzione. Per un secondo, divenne uno statua, nessuna emozione attraversò il suo volto perché era troppo scioccato per sentire qualsiasi cosa. Quando il dolore lo attraversò i suoi occhi espressero confusione, Sasuke era già alcuni metri da lui. Guardò le sue mani che ora sembravano bruciare e le strinse chiedendosi cosa avesse fatto per far arrabbiare Sasuke.

“Terra chiama Naruto!” urlò Kiba esattamente nel suo orecchio provocando il suo alzare il braccio verso il castano che riuscì a ad abbassarsi appena in tempo.

“Sei pallido,” affermò Shino.

Gaara battè il suo petto con un libro. “L’avevi lasciato a casa. Fortuna che non avevamo alcun compito.”

Il biondo lasciò una risata forzata uscire dalle sue labbra e cominciò a camminare con il resto di loro.

“Hai già parlato con Sasuke?” chiese Gaara.

“Era di fretta.” Disse Naruto con quello che appariva come un ghigno forzato.

Il rosso annuì ma spiò l’amico di sottecchi. Vide un guizzo di dolorosa pena negli occhi blu quando il loro proprietario li abbassò. Per quanto avesse voluto chiedere, non lo fece, conscio che Naruto avrebbe mentito.

-SasuNaru is love-

Le cose si erano fatte tremendamente silenziose tra Sasuke e le persone che ognuno a scuola etichettavano come suoi amici. Sebbene Sasuke si fosse incamminato prima di loro, non era in classe quando vi entrarono. Entrò solo quando l’insegnate aveva segnato le loro presenze e si apprestava a cominciare la lezione. Durante la pausa, Sasuke se ne andò e sparì ancora prima che i suoi amici potessero avvicinarglisi.

Sasuke osservava il chiaro cielo blu e chiuse gli occhi quando soffiò nel luogo in cui era-un luogo dove solo membri selezionati del consiglio potevano accedere. Sasuke sospirò. Non era ceco. Aveva visto gli sguardi che Naruto gli lanciava. Erano sguardi di confusione e dolore e lo facevano soffrire a sua volta, era troppo fragile per lasciare che il biondo lo affrontasse nel suo attuale stato. Doveva evitare il biondo, ma ad insaputa di Sasuke il Destino aveva deciso di intervenire in quello stupido gioco di fuga e rincorsa.

Naruto camminava lungo il viadotto quando vide il suo assonnato amico arrivare dalla palestra e avviarsi verso l’edificio principale. Sasuke era solo, la sua mente sobbalzò quando vide l’opportunità che non poteva ignorare. Balzò in avanti con un unico pensiero in tesa…

Non ti lascerò andare.

I muscoli di Sasuke e i suoi passi aggraziati vacillarono quando sentì il suo nome venir gridato dall’fine del sentiero dietro la sua schiena. Si fermò solo quando sentì una mano afferrare il suo braccio.

“Sei diventato sordo? Perché mi stai ignorando?” sentì ringhiare Naruto. La sua voce era piena di una rabbia che nascondeva il suo dolore.

Sasuke non guardò il biondo. Sapeva che una volta che l’avesse fatto, avrebbe visto occhi azzurri pieni di sofferenza e la sua risoluzione insieme al controllo delle sue emozioni sarebbero crollati. Quando sarebbe accaduto, lui e Naruto avrebbero pianto assieme sulle reciproche spalle prendendo e dando conforto in quel deserto viale bagnato dalla luce del sole pomeridiana. Non poteva permetterlo, non quando il suo amico più vicino aveva detto tanto tempo fa…

“Perché non mi vuoi più ascoltare, Sasuke?”

“Sono maturato ora, Naruto, e non ho più tempo per giocare ai tuoi infantili giochetti,” Fu la risposte dell’altro caustico ragazzo.

“Giochetti infantile?” fece eco Naruto con voce vuota. “Cosa vuoi dire con ciò?” Ma il ragazzo dai capelli scuri si limitò a scrollarsi la mano e stava già camminando via.

“Cosa intendi dire con questo, bastardo?!” gridò. Con le lacrime agli occhi guardò la schiena di Sasuke e notò come drizzava le spalle come un uomo che si preparava per una battaglia, e forse Sasuke stava davvero preparandosi per una battaglia che Naruto non avrebbe mai conosciuto o che comunque non avrebbe mai affrontato in vita sua. Guardano la schiena del suo amico, Naruto comprese che Sasuke era veramente maturato prima di lui, Gaara, Shino e Kiba. Li aveva lasciati tutti indietro senza neppure guardarsi alle spalle. Ouch. Doveva fare così tanto male? Si domandò. E poi stava ridendo mentre piangeva perché trovava le cose dolorosamente divertenti e piacevolmente dolorose.

Quel giorno, Naruto disse agli altri tre suoi amici che non li avrebbe aspettati dopo le attività extra curricolari perché aveva un terribile mal di testa. Gaara si era offerto di accompagnarlo a casa ma naruto aveva gentilmente rifiutato. Anche se il rosso non ne comprendeva il motivo, capì che il biondo aveva bisogno di stare da solo e non insistette nella sua offerta.

Con la solitudine come compagna, fece la strada verso la sua piattaforma per poter affrontare il breve viaggio verso casa.

“Sasuke,” sospirò quando guardò direttamente in profondi occhi neri nel momento in cui il treno si fermò alla successiva stazione. Così come velocemente aveva creduto di scorgere Sasuke, altrettanto rapidamente si rese conto che ‘Sasuke’ era più alto e indossava in pantaloni casual color kaki (poi mi devono spiegare chi ha scelto gli abiti di scena perché fanno rabbrividire…povero Itachi), una canottiera con scollo a V e giacca sportiva. “Itachi,” mormorò appena le porte si aprirono.

“Naruto-kun,” salutò Itachi con un lieve cenno del capo. Sebbene ci fossero alcuni posti liberi, stette in piedi vicino al biondo osservando il suo riflesso sul vetro. Gli mise una mano sulla spalla e mentre ancora guardava la loro immagine riflessa e disse, “Permettimi di portarti da qualche parte.”

“Eh?!” disse Naruto alzando lo sguardo.

“Vieni con me. Scendiamo alla prossima stazione.” E per assicurarsi che Naruto l’avrebbe seguito, non tolse la mano dalla spalla del ragazzino.

Naruto era nervoso. Questa era la prima volta che sarebbe andato in giro da solo con l’intelligente e perfetto (aggiungerei bellissimo^^) Itachi e improvvisamente si sentì inferiore. Non importava quante volte si fosse ripetuto che si trattasse semplicemente di Itachi, il suo nervosismo era ancora li.

-SasuNaru is love-

Il posto in cui Itachi portò Naruto era un Caffè che aveva l’interno arredato a libreria. Erano presenti poltrone in pelle, tavolini laccati e scaffali colmi di libri (il posto adatto per me e la Trinh…io con il caffè in mano, la Trinh con un te, entrambe stravaccate a leggere). C’erano quadri con soggetti differenti appesi ad alcuni muri. E se il design interno non era abbastanza, una serie di lampade di carta pergamenate erano appese al soffitto e musica classica risuonava a basso volume. Era un luogo perfetto per i topi di biblioteca.

Itachi prese la sua tazza di caffè e si sedette su una sedia. I suoi occhi erano fissi discretamente sul silenzioso Naruto, studiandolo tranquillamente.

“Sembri riflessivo oggi,” disse itachi con una lieve nota di stuzzicamento nella voce.

“Ogni cosa è transitoria,” affermò Naruto, le parole traspiravano amarezza.

L’Uchiha apparve un po’sorpreso ma il suo volto inespressivo non cambiò. “Ci sono cose transitorie e altre cose che durano.”

Occhi blu guardarono verso di lui innocentemente prima che il biondo chiedesse con voce tranquilla “I legami sono una di queste ultime?”

“Dipende. Ma se lo sono, entrambe le parti devono essere disposte a lasciar andare.” Guardò gli occhi blu mentre venivano oscurati da un qualcosa su cui non poteva mettere il dito al momento. Si prese uno momento o due per riflettere prima di chiedere, “E’ a proposito, di Sasuke?”

Naruto scosse la testa troppo velocemente per i gusti di Itachi. L’uomo sospirò mentalmente.

“Le cose cambiano continuamente-”

“Lo so!” sbottò il più giovane tra i morsi che dava ai biscotti.

“E Sasuke sta combattendo una battaglia che non dovrebbe affrontare, ma è uno sciocco-”

“Non dire questo!” ringhiò il ragazzino. Era irritato, ma non sapeva se dalla calma indifferente mostrata dal suo compagno o dal suo chiamare Sasuke uno sciocco nonostante fosse un dato di fatto. Un senso di colpa lo attraversò e abbassò la voce. “Non sai nulla di lui.”

Uno sguardo di disapprovazione si dipinse sul volto del maggiore all’affermazione. Appoggiò non così gentilmente la sua tozza sul suo piattino con un tintinnio e rispose freddamente, “Entrambi conosciamo un aspetto diverso di lui che l’altro non conosce. Io sono suo fratello e tu…un suo amico.”

Ma se lo erano, entrambi le parti doveva essere pronte a lasciar andare.

Naruto avrebbe potuto dire un sacco di cose ma rimase silenzioso. Con Itachi attorno, sapeva quanto essere prudente e quando era abbastanza. Era sempre impaurito di provocare l’uomo e sapeva quanto era vicino in quel momento dal farlo.

Non ti lascerò andare così facilmente.

Itachi decise di rimanere tranquillo realizzando quanto mutevole fosse il carattere del ragazzino. Era cosciente di non aver risposto alla domanda dell’altro e che l’intera questione era rimasta irrisolta ma ci sarebbe stato un altro momento per questo. Adesso, era il momento di stare zitto e tenere i propri pensieri per se stesso.

Quando terminarono, Itachi pagò le loro consumazioni ignorando l’insistenza di Naruto che avrebbe pagato da solo.

“Ti accompagno a casa,” disse Itachi mentre i due camminavano verso la stazione dei treni.
“Eh? Sembra che tu abbia un sacco di tempo libero oggi,” disse Naruto.

L’altro uomo si limito a fare un sorrisetto compiaciuto. Non aveva tempo libero. Se l’era creato perché ere certo che se non l’avesse fatto, avrebbe oltrepassato la soglia della pazzia. Scrollò piano le sue spalle, sciogliendo i muscoli che dolevano sotto il duro peso che portava sin dalla nascita. Esattamente come gli ultimi minuti nei caffè, i due non parlarono. L’uomo dai capelli neri si stava godendo il silenzio del tempo che aveva rubato. Il biondo, dall’altro lato, era troppo stanco per dire o fare qualcosa che non fosse l’andare a casa.

“Grazie per oggi,” disse Naruto quando Itachi declinò il suo invito di entrare in casa e cenare con lui.

Itachi annuì. Chiamò il nome di Naruto quando il biondo si voltò per attraversare il cancello. Il biondo guardò oltre la sua spalla e sussultò quando tue dita picchiettarono la sua fronte.

“Per cosa diavolo è questo?”domandò mentre si toccava il punto in cui la pelle andava arrossendosi. Itachi solo ridacchiò lievemente.

“Questo è lo spirito,” (tu sei fumato)fu tutto ciò che disse voltandosi e cominciando a camminare lungo il sentiero coperto di ghiaino.

La confusione sparì dagli occhi azzurri e Naruto sorrise(lui è più fumato di te). Il primo genuino sorriso che fece dopo l’incontro con il suo amico. Quando entrò un allegro “sono a casa” risuonò attraverso tutta la tenuta Uzumaki.

Itachi interruppe il suo camminare e osservò l’oscuro orizzonte con occhi desiderosi. In quel momento centinaia di pensieri affollavano la sua mente come uccelli con la forza interna che avevano acquisito durante gli anni, li scacciò via tutti crudelmente. Distolse il suo sguardo dalla vista e riprese il cammino verso casa.

TBC

Voleva…

Voleva vederlo. E questo desiderio stava bruciando dentro di lui, eliminando qualsiasi pensiero razionale o irrazionale che fosse. Era al limite e non poteva fermarsi dal correre lungo tutto il parco sotto la pioggia. Si fermò alle altalene come identificò l’uomo attraversare il centro del parco e sorrise.

“Sono a casa,” sussurrò e il vento trasportò il vento sino all’altro uomo e le adagiò sulle sue guancie come un bacio.

Il biondo sollevò leggermente il suo ombrello e fu colto di sorpresa dal vedere il suo amante bagnato. “Come sono state le tue vacanze a Nara?” chiese solo per guadagnare il tempo necessario a tranquillizzare il suo battito cardiaco.

“Niente di che,” fu la risposta dell’uomo dai capelli neri mentre percorreva la strada verso la persona a lui più preziosa. Avvolse un braccio forte attorno al busto dell’uomo e lo tirò vicino…pioggia e ombrello persi nel loro mondo.

“Mi sei mancato,” sussurrò l’uomo mentre si premeva contro il corpo duro. Sentì il suo respiro incepparsi. Il suo amante solo sorrise compiaciuto e si scansò, il suo intento, chiaro. “Aspetta,” disse, alzando la mano per fermare il bacio così desiderato, “Le persone ci vedranno.”

“Idiota. Sono le sei di sera. Non molte persone passano di qui.” E senza aggiungere nient’altro, l’uomo dai capelli neri colse le labbra tanto bramate in un baco appassionato, la pioggia li copriva dagli occhi giudici del mondo.
Pitter-patter…

Continua…

Edited by trinh89 - 24/1/2009, 13:29
 
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